CONSIDERAZIONI SUL TUMORE DELLA VESCICA

 

La cistectomia radicale associata ad una linfoadenectomia pelvica è considerata il trattamento di elezione per il carcinoma localmente avanzato. Secondo le casistiche più recenti, questo trattamento da solo è in grado di curare la maggior parte delle neoplasie confinate alla parete vescicale e quasi il 50% di quelle che infiltrano il grasso perivescicale. Stratificando i pazienti per stadio, la sopravvivenza a 5 anni per pazienti con malattia pT2N0M0 e pT3-4N0M0 sottoposti a cistectomia radicale da sola è rispettivamente del 70-80% e 40-50%. La comparsa di metastasi linfonodali invece rappresenta uno dei fattori prognostici più infausti in cui vi è l’indicazione ad un trattamento chemioterapico adiuvante immediato: la sopravvivenza a 5 anni libera da progressione infatti scende a 20-25% in presenza anche di un solo linfonodo positivo. La chemioterapia adiuvante in pazienti N+ dà una sopravvivenza a 5 anni del 59% versus il 13% dei pazienti trattati con la sola cistectomia (Sternberg, Urology 2007). Il rischio di metastasi linfonodali è strettamente correlato allo stadio del tumore: per pazienti con stadio pT2 il rischio è del 10-30%, per pazienti pT3 è del 30-65%. Circa un 30% dei pazienti N0 va incontro a recidiva di malattia e una buona percentuale di queste recidive potrebbe essere legata alla presenza di metastasi occulte sfuggite alle comuni metodiche. Spesso infatti l’esame microscopico di routine dei linfonodi può misconoscere piccoli foci neoplastici, costituiti da singole cellule o da aggregati cellulari troppo piccoli per essere riconosciuti con le ormai note metodiche istologiche che si basano sull’uso di ematossilina ed eosina (H/E). Recentemente, è stato dimostrato che metodiche istologiche, quali l’immunoistochimica (IHC), e molecolari, quali la reazione polimerasica a catena (PCR), aumentano notevolmente l’accuratezza diagnostica durante la ricerca delle metastasi linfonodali occulte (occultN+). A riguardo sono stati eseguiti studi in vari tipi di tumore, come prostata, mammella e utero, ma, ad oggi, queste tecniche non sono state ancora testate nella ricerca di cellule tumorali uroteliali occulte. La rilevazione di Cellule Tumorali Disseminate (CTD) a livello del midollo osseo o dei linfonodi regionali, o di Cellule Tumorali Circolanti (CTC) a livello del sangue periferico è stata dimostrata in diverse condizioni cliniche neoplastiche, e vi sono numerose pubblicazioni in letteratura che dimostrano il significato clinico delle metastasi occulte. Allo stato attuale, il ritrovamento di tali cellule non ha una applicazione clinica, e questo campo di ricerca è confinato a studi sperimentali o a trials clinici di fase II. In futuro, una ricerca sistematica delle metastasi occulte potrebbe rientrare in programmi di sorveglianza clinica ed essere d’aiuto per identificare soggetti che necessitano di una terapia sistemica addizionale dopo una resezione chirurgica della neoplasia primaria portata a termine con successo. Proprio a proposito di tali terapie sistemiche, va detto che, sebbene queste abbiano l’intento di prevenire una ricaduta metastatica, la selezione dei pazienti è al momento basata solo sul loro grado di rischio di poter sviluppare una ripresa della malattia, senza effettivamente sapere se presentino le CTD o le CTC. Questo sicuramente induce a trattare, con agenti terapeutici  che intaccano la qualità di vita del paziente, soggetti che probabilmente non ne necessitano. Secondo quest’ultima considerazione quindi, assume  importanza il comprendere l’analisi delle CTD e delle CTC. Negli ultimi dieci anni, un gran numero di studi hanno dimostrato che la rilevazione di cellule tumorali metastatiche a livello del midollo osseo di pazienti affetti da cancro si correla ad un sostanziale peggioramento della prognosi in questi pazienti. Ciononostante, l’agoaspirazione del midollo osseo è dispendiosa e, in molti casi, decisamente sgradevole per il paziente, il che spesso ne preclude il campionamento. Per tale motivo, recentemente, gli sforzi si sono concentrati sulla rilevazione delle CTC nel sangue periferico di pazienti affetti da cancro, anche se, l’uso del CTC detection non fa attualmente parte della comune pratica clinica per diverse ragioni; in primo luogo, la mancanza della standardizzazione e della automazione delle tecniche richiede un adeguato addestramento allo svolgimento delle procedure del personale, il che si traduce in inevitabili differenze tra i risultati nell’ambito di laboratori diversi o anche degli stessi laboratori; in secondo luogo, l’uso di reagenti e metodi differenti tra i diversi centri di analisi conduce immancabilmente a differenze concernenti la sensibilità e la specificità dell’esame stesso; infine, sebbene il sangue periferico sia una fonte ideale per la ricerca delle CTC, data la possibilità di ottenerlo con un semplice prelievo venoso, il significato clinico delle CTC nel sangue periferico è meno rilevante di quello delle CTD nel midollo osseo. Le Cellule Tumorali Circolanti (CTC), considerabili come la fase leucemica di tumori solidi, rappresentano gli elementi nel torrente circolatorio che produrranno metastasi (Mocellin S et al; Poste G e Fidler IJ). Staccandosi dalla neoplasia primaria, aderiscono alle pareti dei vasi sanguigni e linfatici e si introducono nell’albero vascolare, tramite il quale raggiungeranno organi permissivi ove prolifereranno liberamente (Koutsilieris M.). Le cellule tumorali riescono a sopravvivere all’interno del circolo sanguigno grazie alle acquisite modificazioni genotipiche e fenotipiche, che le proteggono dai naturali fenomeni apoptotici avviati dalla perdita degli ancoraggi con le altre cellule. Una teoria ipotizzata, che necessita di ulteriori indagini sperimentali, suggerisce che gli elementi cellulari tumorali più invasivi (solo una piccola quota dei carcinomi primitivi) subiscano una Transizione da Epiteliale a Mesenchimale (Epithelial-to-Mesenchymal Transition; EMT). Tali cellule vanno incontro ad un aumento della motilità cellulare e ad un elevato numero di variazioni fenotipiche che le rendono in grado di infiltrare i tessuti adiacenti, attraversare la barriera endoteliale e spostarsi nell’albero vascolare. La EMT sembra essere un processo fondamentale per la diffusione metastatica e si ritiene sia caratterizzata da una scarsa differenziazione istologica, da una diminuzione dei markers epiteliali (es. le cito-cheratine; Cyto-Keratins; CK) e da un aumento di quelli mesenchimali (es. le vimentine) (Willipinski-Stapelfeldt B. et al, Lang SH et al). A quanto pare questo processo patologico contribuisce alla progressione neoplastica, soprattutto facendo riferimento all’invasione locale ed alla metastatizzazione (Bates RC, Mercurio AM.;  Willipinski-Stapelfeldt B. et al; Lang SH et al; Arias AM.). Una volta raggiunti gli organi bersaglio (i tessuti ospitanti), queste cellule mesenchimali potrebbero recuperare la propria identità epiteliale, grazie ad una Transizione Mesenchimale-Epiteliale (Mesenchymal-Epitelial Transition; MET), ripristinando così la caratteristica abilità nel proliferare (Christiansen JJ, Rajasekaran AK.). Attualmente gli studi condotti non sono riusciti a confermare la presenza di questo processo EMT nei carcinomi anche se vi sono evidenze in vivo di questo fenomeno, per quanto si tratta comunque di evidenze non convincenti. Inoltre, le cellule carcinomatose non necessiterebbero di sottoporsi ad una drammatica conversione cellulare per raggiungere quei cambi morfologici e fenotipici necessari per la metastatizzazione (Tarin D., Thompson E.W., Newgreen DF.). Alla luce di tutto questo, la rilevazione delle CTC nel sangue di pazienti con neoplasia vescicale muscolo-infiltrante sarebbe, quindi, potenzialmente in grado di fornire informazioni cliniche utili per prevedere la progressione tumorale, ipotizzare una prognosi a lungo termine e identificare pazienti che potrebbero sottoporsi con successo a terapie aggiuntive. I metodi attualmente più importanti nell’individuazione delle CTC nel sangue periferico di pazienti con cancro prostatico sono la citoflussometria e la Reverse Trancriptase-Polymerase Chain Reaction (RT-PCR). In generale, questi metodi sono carenti in quanto a specificità a causa della presenza di altri elementi cellulari definibili “contaminanti”, come gli eritrociti, i leucociti e le normali cellule epiteliali. Questa osservazione ha concentrato gli sforzi di numerosi ricercatori verso la messa a punto di tecniche di “arricchimento” delle cellule tumorali affinché queste possano essere più facilmente (rilevate)”detectate” (Makarovskiy AN et al). La tecnica che sembra essere in grado di espletare tale compito prevede la centrifugazione in gradiente di densità (Morgan T.M., Lange P.H., Vessella R.L.), la filtrazione, la lisi e la Selezione Immuno Magnetica. (SIM; Immuno Magnetic Selection; IMS). La centrifugazione in gradiente di densità, basata sulla peculiare densità delle cellule tumorali epiteliali, separa le CTE e  quelle cellule mononucleate sanguigne (densità < 1.077 g/mL) dalle altre cellule ematiche (eritrociti e granulociti; densità > 1.077 g/mL) (Morgan T.M., Lange P.H., Vessella R.L.). Le tecniche SIM permettono di aumentare la sensibilità e la specificità della RT-PCR. Esse sono basate  sulla specificità delle interazioni antigene-anticorpo e sulle proprietà fisiche delle micro sfere magnetiche (magnetic micro beads) che garantiscono la separazione di cellule in una popolazione cellulare eterogenea, mantenendo le differenze antigeniche di superficie tra le diverse linee subcellulari. Una tecnica SIM è rappresentata dalla selezione positiva di cellule epiteliali da cellule mononucleate con anticorpi antiepiteliali. Solitamente le cellule sanguigne mononucleate vengono legate da micro sfere magnetiche (di dimensioni dell’ordine di nanometri) rivestite da anticorpi cellule-specifici. La quota di cellule “arricchite” viene in seguito sottoposta all’isolamento del mRNA (grazie all’uso di micro sfere magnetiche con oligo-desossitimidina; oligo-deoxythymidine magnetic beads) che può essere disponibile per la successiva RT-PCR (Zigeuner RE et al; Racila E. et al; Meye A. et al; Ghossein RA et al). Lo stesso campione cellulare può anche essere utilizzato per la separazione del DNA, per lo sviluppo di immunoanalisi, per l’isolamento e la purificazione di proteine ed altre biomolecole. Nonostante i suoi vantaggi, la SIM presenta diversi inconvenienti come la possibile perdita di cellule tumorali durante le fasi di “arricchimento” (Morgan T.M., Lange P.H., Vessella R.L.). Inoltre, con questa tecnica vi è il rischio di non rilevare le subpopolazioni neoplastiche più aggressive a causa della perdita o almeno della riduzione dell’espressione dei markers epiteliali che si verifica durante la EMT (Thompson EW, Newgreen DF, Tarin D.; Kong D et al). Bisogna anche tenere presente che alcuni markers epiteliali possono essere espressi da cellule non epiteliali o non derivanti da carcinoma uroteliale, e ciò conduce inevitabilmente ad un aumento nel riscontro dei falsi positivi. Peraltro, tra le limitazioni della tecnica SIM non possiamo omettere di citare gli elevati costi e tempi di realizzazione, nonché la variabilità nei risultati ottenuti da addurre alla mancata standardizzazione di metodi e reagenti (Loberg RD et al). La tecnica che prevede l’uso delle micro sfere appena menzionate viene sfruttata dal CellSearch™ system, un sistema che prevede l’arricchimento e la rilevazione immunocitochimica degli elementi cellulari sotto indagine. Si tratta di un sistema, approvato dalla US Food and Drug Administration, che utilizza una combinazione tra la marcatura immunomagnetica e la microscopia digitale automatizzata con l’intento di “detectare” le CTC. In particolare si serve di particelle microscopiche di ferro (chiamate ferrofluids) ricoperte con anticorpi andi-EpCAM per arricchire immunomagneticamente le cellule epiteliali presenti nel sangue periferico prelevato dal paziente (Riethdorf S. et al). Dopo l’“arricchimento” cellulare abbiamo la immunocolorazione, cui segue la lettura dei campioni grazie ad un microscopio automatizzato (Cristofanilli M. et al). I benefici che potrebbero scaturire servendosi del CellSearch™ system non sono stati comunque ancora dimostrati. Per quanto riguarda i metodi di determinazione della presenza di eventuali CTD, differenti studi si sono riproposti di individuare le CTD a partenza da adenocarcinomi prostatici e da altri carcinomi. Un approccio per identificare le CTD è rappresentato da analisi immunocitochimiche che si servono di anticorpi monoclonali diretti contro antigeni epiteliali o tumore-associati. A tal proposito, le cito-cheratine (Cyto-Keratins; CK) costituiscono ormai la categoria di markers proteici più accettata ed utilizzata per la rilevazione di cellule tumorali di origine epiteliale in tessuti mesenchimali come il midollo osseo, il sangue, i linfonodi. L’analisi immunocitochimica è solitamente abbinata alla centrifugazione con gradiente di densità, procedure immunomagnetiche o metodi di filtrazione basati sulle dimensioni che “arricchiscono” le CTD per renderne più semplice la successiva identificazione. Una possibile maniera di miglioramento delle attuali tecniche di CTD detection sarebbe proprio quella di rendere più efficienti tali metodiche di “arricchimento” lavorando sui gradienti di densità e sulle micro sfere magnetiche legate ad anticorpi. L’uso di dispositivi automatizzati per l’analisi microscopica dei vetrini caricati con il campione, potrebbe velocizzare la lettura di questi ultimi e facilitarne la riproducibilità. Tra i sistemi automatizzati disponibili in commercio, il CellSearch™ system ha attirato notevolmente l’attenzione data la sua capacità di fornire, con una procedura automatizzata, un “arricchimento” immunomagnetico ed una colorazione che tinge le CK in un campione di sangue. Nel presente studio ci proponiamo di utilizzare sia l’IHC per la ricerca di metastasi occulte, sia la RT-PCR per misurare l’espressione di citokeratina 7 e uroplachina II nel sangue periferico in una popolazione di pazienti prospetticamente monitorati a partire dal momento della diagnosi di neoplasia vescicale. Il processo è innovativo in quanto per la prima volta nel tumore vescicale si cercherà di correlare la presenza di metastasi linfonodali occulte o franche con la presenza di cellule tumorali circolanti e perché prospetticamente si potrà definire il significato prognostico delle stesse. Recentemente, è stato dimostrato che l'uso della immunoistochimica (IHC), e metodiche molecolari, basate sull’uso della reazione polimerasica a catena (PCR), aumentano notevolmente l’accuratezza diagnostica durante la ricerca delle metastasi linfonodali occulte (occultN+). Un vantaggio della IHC rispetto alla PCR è quello di sfruttare un criterio morfologico per dimostrare la presenza di una cellula sospetta, e di assegnare una istotopografia ai foci metastatici. Inoltre, quando delle sezioni adiacenti sono disponibili dallo stesso blocco paraffinato dei linfonodi, è possibile confermare la natura neoplastica delle cellule sospette o il tessuto di origine, grazie a multiple reazioni immunoistochimiche, anche con anticorpi (Ab) diversi, così da portare la specificità al 100%.
I metodi basati sulla PCR sono gravati dalla possibilità di risultati falsamente positivi legata alla espressione di base da parte delle cellule linfoidi (dei linfonodi), seppur minima, di geni normalmente espressi nelle cellule epiteliali; inoltre, la manipolazione o la non corretta manipolazione dei campioni operatori può facilmente contaminarli con tessuto epiteliale (Hawes D et al, 2001). La RT-PCR è limitata all’uso di campioni di tessuto fresco, poichè nel materiale d’archivio, il RNA è danneggiato a vari livelli. Attualmente, la IHC trova applicazione clinica in molte patologie neoplastiche, ed è utilizzata di routine per la ricerca di metastasi linfonodali occulte. In molti tumori, tra i quali mammella, colon, stomaco, e polmone, utilizzando la IHC come metodo di analisi, si è riscontrata una correlazione statisticamente significativa tra metastasi linfonodali occulte e decorso clinico della patologia tumorale. Nel corso degli ultimi anni, ci siamo occupati della ricerca di occultN+ nei soggetti affetti da adenocarcinoma prostatico, dimostrando per la prima volta che nelle forme localmente avanzate il rischio di occultN+ è del 13%. Inoltre, dopo un follow-up medio di oltre 12 anni, abbiamo dimostrato che esse si associano ad un pessimo decorso clinico (Pagliarulo V et al, 2006). Quindi, nel tumore prostatico, così come in altre neoplasie le metastasi linfonodali anche di poche cellule hanno una loro rilevanza clinica e meritano di essere ricercate poiché la loro evidenza ha implicazioni importanti sulla gestione di questi pazienti. Nel tumore muscolo infiltrante della vescica, a tutt’oggi, la ricerca mediante IHC ed il significato clinico delle metastasi linfonodali occulte non sono stati indagati. Ricerca di cellule tumorali circolanti nel sangue periferico. L'identificazione e la caratterizzazione di cellule tumorali circolanti (CTC) richiedono metodi analitici estremamente sensibili e specifici. In genere, questi metodi sono usati in combinazione con tecniche di arricchimento cellulare tumorale, che includono centrifugazione per gradiente di densità (separazione di Ficoll-Hypaque), tecniche immunomagnetiche, o metodi di filtrazione. Tecniche immunologiche. Uno degli approcci per identificare CTC è rappresentato dalle tecniche immunoistochimiche che utilizzano anticorpi monoclonali verso antigeni epiteliali o associati al tumore. Le citocheratine rappresentano ad oggi i markers proteici più accettati per rilevare cellule tumorali epiteliali nei tessuti mesenchimali (sangue periferico e midollo osseo). Molti studi hanno dimostrato che le tecniche istopatologiche convenzionali hanno una sensibilità molto bassa nel rilevare cellule tumorali disseminate Mentre il recente utilizzo di tecniche immunocitochimiche ha permesso di incrementare l’accuratezza diagnostica, anche se con una marcata variabilità all’interno dello stesso tumore, dipendente dallo spettro di citocheratine riconosciute dall'anticorpo utilizzato, dalla tecnica di colorazione e dall’assenza di protocolli standardizzati. Metodi basati sulla PCR: sono attualmente i più utilizzati per la ricerca di CTC. Anche se i marcatori di mutazioni geniche del DNA (per es. mutazioni k-ras) sono stati sfruttati da alcuni ricercatori nei tumori di pancreas e colon, la tecnica più diffusa resta la RT-PCR per individuare l’espressione di RNA definiti “cancro-specifici”. Nel carcinoma mammario, per esempio, i seguenti sono stati riconosciuti marcatori cancro specifici: CK18, CK19, CK20, Mucin-1, e CEA. Nel caso del tumore della vescica, sono stati fatti raramente tentativi di ricerca di cellule uroteliali nel sangue periferico (Li SM et al, 1999; Lu JJ et al, 2000). L’uroplachina II (UP II) è una proteina di membrane coinvolta nel processo di differenziazione dell’urotelio, specifica dell’urotelio e ben rappresentata anche nel tumore a cellule transizionali. Studi recenti che hanno utilizzato la RT-PCR hanno evidenziato che l’mRNA che codifica per l’uroplachina II è ben rappresentato nelle linee cellulari e nel tessuto tumorale vescicale, ma non in quello di prostata, cute, fegato e ovaio (Li SM et al, 1999; Lu JJ et al, 2000). Nel presente progetto di ricerca, ci proponiamo di utilizzare sia l’IHC per la ricerca di metastasi occulte linfonodali, sia la RT-PCR per misurare l’espressione di uroplachina II nel sangue periferico in una popolazione di pazienti prospetticamente monitorati a partire dal momento della diagnosi di neoplasia vescicale. Il progetto è innovativo in quanto per la prima volta nel tumore vescicale si cercherà di correlare la presenza di metastasi linfonodali occulte o franche con la presenza di cellule tumorali circolanti, e perché prospetticamente, si potrà determinare il significato prognostico delle stesse.